SAREBBE BELLO SE LA VITA DURASSE UN’ETERNITÁ

Qual’e’ il fortunato che tra noi che puó presumire di non essere mai stato in un ospedale?.

Come sono grigie quelle pareti, come e’ assordante il rumore delle sirene delle ambulanze che arrivano a tutta velocitá.

Come e’ strana l’attesa dentro quelle mura, soprattutto se si sono ingerite oltre 20 gocce di tranquillante.

Quando ci si inoltra in certi edifici molto spesso notiamo volti di persone, sconsolati, tristi e con sguardi di tenerezza che si viene immediatamente colti da una grande voglia di abbracciarli.

“Allora? Come e’ andata? Che dicono i risultati? Cosa dicono i medici?”

Dalle mie parti si dice. “triste chi ci capita…”

Ed io quel 2 di Gennaio ci capitai…

Molti mi domandano: “ma come, proprio tu?”

Si anch’io ho i miei dolori che proprio in questi giorni suonano a festa come fosse un anniversario a cui per nulla al mondo vorrebbero mancare.

Sentirsi venir meno la salute ci trasporta immediatamente nel presente  fino a che in aiuto non arrivano gli psicofarmaci e i tranquillanti.

Ed io quel giorno avevo deciso di fare un bel brindisi a questo 2020 dove ho praticamente perso tutto…

Allora si entra in quella stanza, ti tolgono i pantaloni, la cinta, i lacci delle scarpe e buona notte ai sonatori.

Nel giro di poche ore ci si dimentica di tutto ció che e’ l’esterno e si entra in uno stato di “no time”, dove la vita fuori sembra molto lontana e l’unico realmente tangibile sembra essere solo quello che vediamo in quegl’istanti con i nostri occhi, sentiamo con le nostre orecchie e percepiamo con il nostro cuore. La nostra vita in quel momento ha una dimensione di 3 metri per 3 metri.

La grandezza della stanza che ci viene assegnata.

Dover attendere se subire o no un intervento, mettere a repentaglio e in discussione la propria vita, restare in quell’interminabile attesa che attraverso un referto ci dirá se il pollice della salute sará rivolto verso l’alto o verso il basso.

Questa volta, al 2 di Gennaio, e’ toccata a me la roulette russa e per fortuna, dopo 4 giorni, mi trovo nuovamente qui sul mio letto alle 06:00 di mattina a cercare di fare chiarezza e mettere nero su bianco all’accaduto…

Ho trascorso 4 giorni di assoluta incoscienza aspettando una risposta che trasforma il tempo in un periodo che e’ sembrato durasse un’eternitá.

Devi aspettare…

Devi saper aspettare…

Quando la malattia fisica e psicologica viene a trovarci molto spesso la vita ci mette all’angolo, mentre le paure, i dubbi, le perplessitá si avvicinano rabbiose e imperterrite verso di noi.

A me questo accade quasi sempre durante le feste natalizie.

E’ come un rituale…

In questi giorni di ricovero sono stato spostato in un due ospedali differenti (che non voglio nominare per privacy e perché tanto credo che uno vale l‘altro) e per via del fatto che quasi tutti gli ospedali sono predisposti per il covid, mi venne trovato un posto  letto nel reparto di psichiatria…

Sará casuale o caUsale?

Mamma mia cosa ho potuto vedere, percepire e sentire in questi giorni.

Quanto dolore, strazio, urla di abbandono, solitudine e sicuramente un’infinita tristezza che si poteva leggere negl’occhi spenti di quelle persone.

Persone che urlavano chiedendo aiuto, legate al letto, tra l’indifferenza totale dei medici e degl’infermieri che erano occupati a prendere il primo caffé della giornata.

In tutti i reparti di psichiatria troveremo un gruppo di zombie che trascorrono ignari e incoscienti il loro tempo aspettando che arrivi il momento della colazione, del pranzo, della medicina, della puntura e poi sempre tutti puntualmente a nanna alle 21.00…

 questa e’ la loro routine, allo stesso modo ogni santo giorno, fino a che qualche medico decide che qualche fortunato possa uscire dalla gabbia.

Esiste una zona d’aria dove possono fumare e chi e’ piú fortunato ha una televisione nel salone o magari un tavolo da ping pong dove nessuno giocherá.

E’ vietato uscire dal reparto, quasi impossibile incontrare i parenti, ti tolgono i lacci delle scarpe, la cinta, il fono, il pettine, le stampelle, neanche la frutta puoi tenere in camera perché ti ci potresti soffocare (mi ha raccontato un infermiere che una signora si e’ strozzata con un’arancia).

Un mondo sconosciuto, poco nominato, e molto spesso abbandonato da una societá impegnata a installare il 5G.

Quanta solitudine vive chi e’ costretto ad entrare in quel reparto.

La similitudine tra i due ospedali e’ che all’arrivo dopo una breve consulta, che serve poco e viene poco ascoltata, il primo passo e’ l’assunzione di psicofarmaci potentisimi che ti rendono all’istante un vegetale che cammina.

Se volete conoscere dei zombie, fate un giro in questi reparti e ne potrete conoscere molti, tutte anime come noi che magari neanche si ricordano come si chiamano…

Avevano un nome, una famiglia, una vita, un lavoro, una passione, riuscivano a sentire i piaceri della vita prima dell’ingresso in quel reparto.

«lasciate ogni speranza o voi che entrate, disse Minosse» (Dante Alighieri)

La procedura standard e’ la stessa quasi sempre:

una specie di intervista per appuntare due dati, seguita subito una puntura di calmante e qualche pasticca che dicono serva a stabilizzare gli umori.

Nel pomeriggio altro medicamento che sia in goccie, punture o flebo.

Gocce o punture a scelta, dipende dai gusti del paziente.

Nel frattempo si fa finta di dargli da mangiare con delle pietanze con una qualitá che nemmeno meriterebbero poter essere catalogate;

A seguito dello spuntino, ancora psicofarmaci per i piú fortunati.

Molti infatti non resistendo subito dopo si godono anche una bella “pennica” artificiale.

Per rimanere nel gioco e sperimentare ho iniziato a farmi somministrare questi farmaci, tanto vedendomi li, bastava io facessi qualche azione fuori dalle loro regole, per dar il via alla fase di addormentamento prima mentale, poi fisico ed infine emozionale.

Il risultato e’ stato un KO PERFETTO.

Praticamente vivo sei vivo, ma da quel momento non puoi essere piú te stesso.

Rallentare tanto i pensieri in maniera artificiale puó essere molto interessante come esperimento, peró la tua luciditá inizia a barcollare come barcollano le tue gambe.

Ieri provavo a scrivere due righe ad un’amico e facevo fatica, non riuscivo neanche a esprimere i concetti piú semplici.

Poi spensi il telefono e cosí insieme a lui non ci siamo piu’ riaccesi.

Durante la notte era un vero spettacolo dell’orrore:

persone che urlavano e richiedevano aiuto ai sanitari che peró stavano dolcemente dormendo e quando trovavano il coraggio di fare qualcosa al massimo iniettavano un super dose di calmante sufficiente per addormentare un cavallo.

Ho  assistito addirrittura a una scena dove la ragazza in questione veniva letteralmente legata.

Intanto io iniziavo a sentire le gambe che facevano “giacomo giacomo” e i miei pensieri erano tarati e limitati.

Quindi scusate se le frasi perdono di logica in certi casi.

Andrebbero visitati piú spesso certi posti perché arrivare al punto di abbandono, indifferenza e sopruso e’ molto facile quando si interagisce con persone deboli.

Ed e’ facile approffittarsene di chi e’ piú debole

Immaginate come ci venivano descritte le suore dei collegi durante la guerra, beh io negl’occhi di alcune infermiere ho letto quella fredda indifferenza e se avessero potuto utilizzare le bacchette come sedativo speciale non avrebbero esitato neanche un instante.

Quella notte M. (la chiamo con nome fittizzio), venne legata e lasciata li fin al mattino verso le 09.00, mentre lei non smetteva mai di chedere aiuto che gli permise solo di ottenere maggiori dosi di tranquillanti per poter seguire sognando magari luoghi tropicali o boschi incantati…

Le infermiere della mattina iniziano il loro turno alle 09 perché prima non vogliono essere disturbate.

Pima dell’ora stabiita non vogliono rotture di scatole;

forse piú di qualcuna, per non ascoltare le grida di aiuto metteranno dei tamponi nelle orecchie e poter cosi riposare meglio durante la notte…

Cioé a dire il vero si svegliano pure prima, si fanno un bel caffé tra loro e in quel momento di beata riunione tra colleghi devoti, puó urlare anche il padre eterno, ma nessuno risponderá…

Il momento e’ troppo importante… bere il primo caffé del giorno.

In questi episodi c’e’ tanto da riflettere, comprendere, analizzare… piangere.

Pensiamo solo che entro per una possibile ulcera e mi hanno diagniosticato e prescritto ansiolitici, stabilizzatori dell’umore e gocce di psicofarmaci per dormire.

Ma tornimo al viaggio dell’anno scorso…

(Barcellona 2019)

“Ho visto talenti essere annientati da una scelta mai fatta.

Ho visto persone di luce smarrite dietro le esigenze di coppia e finire i propri giorni in un senso di insoddisfazione e incertezza.

Perché non e’ poi tanto vero che si deve Amare senza aspettarsi niente in cambio.

Non e’ assolutamente cosí l’Amore.

Certo che deve essere un piacere dare, ma lo e’ altrettanto ricevere.

Esiste un delicato e romantico equilibrio tra dare e avere. Perché tutto ció che non e’ mutuo risulta tossico.”

Bert Hellinger

Solo la Felicitá risveglia l’Amore e solo quando incontrerai l’Amore verso te stesso tornerai ad amare il prossimo.

“ ama il prossimo tuo come te stesso”

La felicitá e’ dentro di te, cosí come l’amore e la gioia.

Tutto ció che offre piacere ma viene dall’esterno, potrebbe da un momento all’altro, trasformarsi in dolore.

La rabbia, l’odio, il rancore, il dolore sono tutte emozioni del sistema mentale che non ha niente a che vedere con la luce che irradia con generositá il nostro cuore in ogni momento.

Sería bueno si la vida durara una eternidad.

E’ quando troverai la leggerezza e la libertá dell’Amore, incontrerai la chiave.

Poc a poc…

Quando iniziamo a guardarci da esterni, con una prospettiva neutra, con la vera volontá di osservazione, ci rendiamo conto che ci creiamo continui blocchi, ostacoli, freni, insolite casualitá, che ci allontanano dal nostro unico obiettivo.

Perché ognuno di noi ne ha uno, solo che le paure e i tuoi pensieri troppo mentali ti ci allontanano ogni volta che non sei presente nel presente.

Cambiare la nostra abitudine e concentrarsi sull’unica dimensione possibile… il presente.

Le paure ti allontanano dalla tua luce vitale, dal tuo unico obiettivo.

Ti rendono ‘non presente’.

Semplicemente assente.

Non puoi immaginare quante volte nel passato dopo aver avuto il coraggio di esternare una parte della mia luce, mi sono poi arenato con la scusa di rilassarmi con un pó di mariujana.

Era il mio blocco preferito.

Con la scusa che mi ci rilassavo, finivo alla fine per spegnermi e senza rendermene conto ho vissuto un periodo adolescenziale piuttosto lungo dove questa mala abitudine era il blocco che con piú frequenza utilizzavo per allontanarmi dal mio centro, dalla mia missione verso l’Unico.

E da chi era generato?

E da chi, se non dalle mie paure. Era generato da Paolo.

La paura a mostrarmi, a mostrare la mia spontaneitá, la mia luce, la paura di non essere all’altezza, la paura del giudizio e della critica, la paura di mettermi realmente in gioco, e se vogliamo la paura nel parlare del teatro, la paura di essere un’artista creativo, la paura di mostrarmi su un palco.

La paura dei miei talenti.

Perché tutti ne abbiamo.

Sia di talenti che di paure.

Calcolare le occasioni perse per via delle mie paure non mi e’ possibile.

Sicuramente il lavoro da fare in me e´ visualizzarle da esterno, visualizzarsi in maniera neutra, in terza persona e osservarsi profondamente, in maniera direi quasi meditativa e spirituale. Guardarsi con Amore.

Senza giudizi, senza valutare. Solo stare presenti e in pace con quello che inevitabilmente e’, con l’intesa di volersi perdonare con compassione.

Cercati e osservati con l’aspettativa di un bambino e la pazienza dell’amore di una madre.

Sii compassivo con te stesso nella fase di cambio.

Perdonati… abbracciati e sorridi pure alle stronzate che purtroppo hai fatto e che forse non rifarai mai.

Il passato e’ immutabile ma puoi cambiare la maniera di osservarlo.

Lasciare andare ció che non vivi nel presente e’ una vera liberazione.

Guarda avanti e resta fiducioso nel potere del presente.

Allegerisci lo zaino…

Perché in fondo lo sai qual’e’ la bellezza in tutto questo?

La bellezza e’ che siamo vivi, non dimentichiamolo mai.

Ogni tanto ricordati di fare un inchino alla vita come dice Benigni in uno dei suoi monologhi.”

E allora torno qui nel presente, ancora stordito da quel farmaco che mi accompagnerá ancora per qualche giorno.

Mi fa compagnia mentre ascolto “Nuvole Bianche” di Eiunaudi e penso a che fortuna ho di potermi sentire a casa, sul mio letto, anche se senza energie, senza propsettive future e senza soldi, peró a casa.

Ed io piango sereno perché só che una soluzione c’e’, l’abbiamo sempre trovata e la troveremo anche stavolta.

Oggi mi regalo del tempo scrivendo questa storia pensando che quando sei vivo puoi sempre tornare a provarci, e poi la notte sognare di esserci riuscito per poter un giorno vivere quel sogno grazie alla magia della Vita che come una mamma premurosa nel momento piú difficile cuce per te il vestito piú bello.

Eiunaudi e’ perfetto per rinascere, per ricordarci chi realmente siamo, e che la vita va rispettata e non maltrattata, e che non ci sia piú tanta competitivitá ma si torni ad ascoltare il piacere delle generositá.

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Paolo